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Arteterapia e Ciclicità

  • Immagine del redattore: Emanuela Telarania
    Emanuela Telarania
  • 21 nov 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 3 apr 2020

“Siamo pervase dalla nostalgia per l'antica natura selvaggia. Ci siamo lasciate crescere i capelli e li abbiamo usati per nascondere i sentimenti. Ma l'ombra della Donna Selvaggia ancora si appiatta dentro di noi, nei nostri giorni, nelle nostre notti. Ovunque e sempre, l'ombra che ci trotterella dietro va indubbiamente a quattro zampe” (Clarissa Pinkola Estès)


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Le parole di Clarissa Pinkola Estés risuonano come un eco dentro di noi. Quando come umani ci siamo allontanati dalla Natura, abbiamo anche perso la nostra naturale connessione con la vita in generale. Perché noi SIAMO Natura, e non possiamo allontanarcene senza allontanarci anche da noi stessi. È così che il ciclo mestruale dalla donna è passato da espressione del sacro nella Preistoria a tabù sociale ai giorni d’oggi.

Recenti ricerche archeologiche e nuove interpretazioni sui ritrovamenti, condotte soprattutto da studiose, hanno evidenziato come il ciclo mestruale e il corpo femminile fossero infatti considerati sacri e il sangue mestruale ritenuto generatore e rigeneratore di vita.

Dalla ciclicità del mestruo femminile affiorò la coscienza dello scorrere del tempo: il primo calendario fu quindi lunare anziché solare: un anno era composto da 13 mesi invece che dai nostri 12, così come le donne avevano 13 cicli mestruali all’anno. Questa stretta associazione delle donne con i cicli della natura era evidente ed era oggetto di venerazione. Con l’avvento del patriarcato la memoria del sacro femminile è andata via via scomparendo, ma tutt’ora la donna è alla ricerca di ciò che ha dimenticato, la sua natura selvaggia priva di schemi imposti dalla società. Non è un caso infatti se ancora oggi viviamo anni di emancipazione, rivendicazione, femminismo e il ciclo mestruale rappresenta un tabù, anche per le donne stesse.

Ri-partiamo allora da quest’ultimo, il ciclo mestruale. Tra risolini e imbarazzi, anche solo il nominare le mestruazioni fa abbassare lo sguardo alle donne, con pudicizia, mentre gli uomini fingono di una totale ignoranza in materia: resta il dubbio, se questa ignoranza sia reale o una finzione mascherata dalla riservatezza, oppure se sia invece un’omissione figlia della vergogna.


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Le donne raccontano come tra di loro poco parlino del ciclo, di come nessuno spieghi loro niente. Ecco allora che il progetto “Arteterapia e Ciclicità” nasce per favorire in loro una coscienza dimenticata e ancestrale, da cui tutti gli esseri provengono: la connessione con la natura e i suoi cicli stagionali, specchio del nostro manifestarci nel mondo.


É un percorso tutto al femminile, un cerchio di giovani donne volto alla consapevolezza della propria unicità, e di quanto questa sia fonte di profonda ricchezza personale ed interpersonale, intesa a rompere i canoni dell’omologazione. É previsto l’uso di un approccio creativo con strumenti artistici, la cui intenzione è sospendere l’autogiudizio e il timore del giudizio dell’Altro a favore invece dell’ascolto di sé e della relazione di gruppo. Si seguiranno oltre ai cicli stagionali anche il ciclo lunare, in quanto ci ricorda che davvero la donna è connessa ad esso. Durante i laboratori con le ragazze, saranno perciò dedicate delle attività specifiche per comprendere e capire i doni ricevuti dal menarca in poi, per favorire la coscienza dell’essere cicliche durante il loro periodo fertile, e dove finalmente cominceranno a ri-conoscere che sono parte del più grande ciclo dell’universo, accogliendo la loro vera natura ed essere partecipi attive della propria vita.

“Non è vero, forse, che noi umani respiriamo la stessa aria delle piante e degli animali, camminiamo sullo stesso terreno, mangiamo lo stesso cibo e beviamo la stessa acqua? Partecipare a questa esistenza condivisa ci ricorda che ne siamo parte.”

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